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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Situata su un altopiano montuoso e sul versante orientale dell'imponente monte Pizzuta, si specchia sull'ampio lago omonimo e dista da Palermo 24 km. Nota per la sua storia e le secolari tradizioni, è il centro più importante degli albanesi di Sicilia, nonché il più grande stanziamento arbëreshë, dove da diversi secoli risiede la più vasta e popolosa comunità italo-albanese.
Il paese, Piana degli Albanesi (in albanese: Hora e Arbëreshëvet), fu fondato nel 1488 da un gruppo di albanesi in fuga dall'Albania a causa dell'invasione turca-ottomana che minacciava la cristianità nei territori della penisola balcanica. L'esodo ebbe inizio in seguito alla disfatta dell'Impero Bizantino e alla morte di Giorgio Castriota Skanderbeg, che vittoriosamente combatté per la libertà del proprio popolo per più di un ventennio.
Si narra che l'immagine della Madonna Odigitria indicò loro l'ampia valle a ridosso delle montagne come luogo in cui far sorgere un villaggio.
Negli anni tra il 1482-1485 numerosi arbëreshë, dopo aver unanimemente difeso la propria terra, trovarono rifugio nelle vicine coste dell'Italia meridionale, lasciando con rimpianto la madrepatria. Grazie all'appoggio della Repubblica di Venezia, che favoriva le migrazioni per ripopolare centri disabitati o colpiti da carestie, esuli della Himara, tra cui consanguinei di Castriota e nobili della più elevata aristocrazia albanese, come risulta dai diplomi reali di quella epoca, riuscirono ad inoltrarsi sino a raggiungere la Sicilia. Sbarcati sul litorale, secondo la tradizione nei pressi di Solunto, e costretti a dirigersi verso l'interno per timore di eventuali rappresaglie da parte dei turchi, i profughi cercarono in diverse parti della Sicilia il luogo dove insediarsi e dopo alcuni tentativi, durati diversi anni, si fermarono negli ampi territori amministrati dalla Mensa Arcivescovile di Monreale. Negli anni 1486-1487 fu chiesto al cardinale Juan Borgia il diritto di soggiorno sulle terre di Mercu e Aydingli, situate nell'entroterra montuoso presso la pianura della Fusha.
L'ambiente si presentava non lontano dai principali poli cittadini, ma alquanto riparato, fertile e ricco d'acqua. Stipulati i Capitoli di fondazione, la concessione ufficiale fu sancita per il 30 agosto dell'anno 1488, cui seguì la costruzione del più grosso centro albanese dell'isola. Sorse da principio alle falde dell'erto monte Pizzuta, ma i suoi fondatori, costretti dall'eccessiva rigidità del clima, si spostarono appena più a valle in prossimità della pianura sottostante. Il centro abitato si è quindi sviluppato su più quartieri, (alcuni fra i primi Qaca e vjetër, Shën Gjergji, Sheshi), ognuno dei quali suddivisi in aree che generalmente prendono il nome dalle chiese in primis edificate, dai toponimi albanesi o dalle famiglie di Piana degli Albanesi, seguendo la morfologia montuosa del territorio. L'omogeneità sociale, culturale ed etnica degli albanesi si manifestò immediatamente con la rapida costruzione delle chiese di rito greco-bizantino e delle prime infrastrutture.
Denominata fino al 1941 Piana dei Greci per il rito greco-bizantino professato, è sede vescovile dell'Eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa Italo-Albanese, la cui giurisdizione si estende su tutte le chiese insulari di rito bizantino.
Solo da pochi decenni la cittadina ha assunto il più corretto nome di "Piana degli Albanesi".
In Sicilia i paesi d'origine albanese sono quattro: Contessa Entellina, Palazzo Adriano, Mezzojuso e Piana degli Albanesi, con la piccola appendice di S. Cristina Gela a 4 km di distanza. Oltre a essere il fulcro socio-culturale, religioso e politico delle comunità albanesi di Sicilia, nel corso dei secoli gli abitanti di Piana degli Albanesi conservarono pressoché intatte le proprie peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose d'origine.
Quella di Piana degli Albanesi è la più nota e popolosa delle comunità storiche albanesi d'Italia, è la principale comunità albanese (arbëreshë) della Sicilia. Nel 1534, durante la seconda diaspora albanese, altri gruppi di famiglie provenienti dalla Tessaglia e dalle città di Corone, Modone e Nauplia in Morea, attuale Peloponneso, si aggiunse ai primi esuli. A tal punto si struttura come comunità autonoma, nell'assetto amministrativo, giuridico, economico, culturale e religioso. I fondatori, desiderando mantenersi sempre albanesi, e non volendo confondersi con l'elemento eterogeneo che stringeali da ogni parte, ostacolarono l'accesso ai forestieri. Per molto tempo non fu permesso ai "latini" di risiedere nel paese oltre un determinato periodo di giorni. Per atto espresso nel contratto del 30 agosto 1488, tra gli albanesi e l'arcivescovo di Monreale, le pubbliche cariche dovevano essere occupate dai soli cittadini albanesi di rito greco. Tale privilegio, riconosciuto unicamente agli arbëreshë di Piana degli Albanesi, rimase in vigore fino al 1819, e consentì agli esuli di difendere le proprie tradizioni etno-linguistiche e soprattutto religiose.
Verso la prima metà del XVIII secolo gli arbëreshë di Piana avviarono un profondo processo di rinnovamento spirituale e culturale, in sostegno alla salvaguardia dello specifico etnico, religioso e culturale delle comunità albanesi.
Nell'età moderna, la cittadina ha ricoperto un ruolo significativo per i moti rivoluzionari e risorgimentali relativi all'unità nazionale d'Italia, al movimento di Rinascita Nazionale albanese nella lotta di liberazione dal dominio turco-ottomano e ai movimenti regionali dei Fasci siciliani dei lavoratori (denominato in lingua arbëreshë Dhomatet e gjindevet çë shërbejën), inoltre è anche tristemente nota per la strage di Portella della Ginestra (1947). Tra il 1944 e il 1945, durata cinquanta giorni, Piana degli Albanesi divenne una Repubblica popolare indipendente.
Piana degli Albanesi contribuì notevolmente al progresso della cultura e della letteratura albanese con una nutrita schiera di intellettuali, avviando un decisivo processo della storia letteraria d'Albania. Sospinta soprattutto dai principi romantici e risorgimentali, una nutrita schiera di intellettuali si interessò della storia, della lingua, delle tradizioni poetiche popolari arbëreshë, avviando un decisivo processo della storia letteraria albanese.
In questo contesto, Piana degli Albanesi offrì figure di grande rilievo e personalità che in diverso modo e con diverse possibilità hanno contribuito all'arricchimento del prezioso patrimonio avito.
è considerata il luogo d'origine della letteratura arbëreshe, dove nacque la prima opera albanese della diaspora (1592), e iniziatrice - nei primi anni del '600 - della prima scuola europea nella quale si insegnava in lingua albanese. Cittadina universitaria da cui sono maturati i fondatori delle più antiche cattedre di lingua e letteratura albanese di Napoli e Palermo , ha sede dal 1945 il Seminario Italo-Albanese, già a Palermo (1734). La sua antica tradizione musicale e canora bizantina fa parte del Patrimonio Immateriale dell'Umanità riconosciuto dall'UNESCO. L'amministrazione comunale utilizza nei documenti ufficiali anche l'albanese, ai sensi della vigente legislazione che tutela le minoranze etniche e linguistiche.
Nel corso del tempo gli abitanti, grazie alla loro tenacia e alle proprie istituzioni culturali, sociali ed economiche, hanno mantenuto inalterata la propria originaria identità etnico-linguistica e religiosa, conservato gelosamente le proprie radici culturali quali il rito, la lingua, gli usi, le tradizioni e i caratteristici costumi femminili riccamente ricamati; e ancor oggi è inalterato l'attaccamento alla tanto amata madre patria, sempre vivo nelle popolazioni italo-albanesi.
La singolare lingua parlata a Piana degli Albanesi, oltre all'italiano, viene tramandata da padre in figlio; il suo recente insegnamento nelle scuole primarie pubbliche permette inoltre di non disperdere questo prezioso tesoro culturale.



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